Tra le iniziative più importanti prese da Francesco Ulderico della Torre nel periodo (1656-1695) in cui fu capitano della contea principesca di Gradisca sotto i principi Eggenberg, c’è sicuramente la costruzione del Monte di Pietà, decisa dalla Convocazione dei nobili nel 1671 per sottrarre i poveri alle pesanti condizioni di prestito che venivano loro praticate dai banchieri ebrei. Si tratta dunque, di uno degli edifici pubblici, assieme alla Loggia dei Mercanti, voluti dal della Torre per migliorare le condizioni degli abitanti di Gradisca.
L’attività del Monte di Pietà iniziò a Gradisca nel 1671, non ancora in questo palazzo, che fu costruito nel decennio successivo, ma in una casa di proprietà dei Padri Serviti, vicina alla loro chiesa (ora Chiesa dell’Addolorata).
La Convocazione dei Nobili e lo stesso Francesco Ulderico della Torre finanziarono l’impresa e vi depositarono i loro capitali, fissando un tasso di interesse piuttosto basso. Nell’atrio del palazzo, sopra una delle porte da cui si accede ai vani laterali, c’è la lapide che ricorda la fondazione, sottolineando che si tratta di un “sussidio ai poveri contro l’usura giudaica”. HIC MONS PIETATIS IN PAUPERUM SUBSIDIUM IN IUDAICAE USURAE PERNICIEM IN PROVINCIAE TOTIUS UTILITATEM EXCOGITATUS PROMOTUS PERFECTUS A CAPITANEO ET MARESCIALLO FRANCISCO ULDARICO COMITE A TURRI ET VALLISAXINAE CAESAREO INTIMO CONSILIARIO ET CAMERARIO ANNO MDCLXXI.
In un’altra lapide, anch’essa collocata sopra una porta, vengono citati altri personaggi che, assieme a Francesco Ulderico della Torre, hanno il merito della fondazione del Monte di Pietà: si tratta del barone Giulio de Fin, vicecapitano, del parroco di Villesse Giovanni Maria Cevotti (questa presenza si spiega col fatto che molti abitanti di Villesse chiedevano prestiti agli ebrei e il parroco voleva porre fine a questa consuetudine) e del deputato Lorenzo Locatelli. Il prestito aveva la durata di sei mesi, trascorsi i quali, se la somma non era restituita, il bene veniva posto in vendita all’asta.
Il Monte di Pietà funzionò per poco più di un secolo, fino all’inizio dell’ ‘800. Poi fu deciso che bastava un istituto per provincia e fu unito a quello di Gorizia. In seguito l’edificio fu sede delle carceri giudiziarie e, dal 1813, della gendarmeria. Bisognoso di restauri, fu rimesso a posto dal podestà Zanuttig e nel 1877 divenne sede del municipio. Lo rimase fino al 1973 quando il Comune si trasferì nel palazzo Torriani.
L’edificio si presenta come un blocco massiccio e compatto in cui le decorazioni sono costituite soprattutto da cornici piatte di pietra lavorata che circondano le finestre e percorrono tutta la facciata dividendola orizzontalmente in tre parti. Gli unici elementi sporgenti si concentrano nella parte centrale dove si può vedere un portale d’ingresso ad arco inserito in un rettangolo chiuso in alto da una robusta cornice.
Su questa si appoggia un elaborato baldacchino che ospita in una profonda nicchia il gruppo scultoreo della “Pietà”, chiaro simbolo della funzione che aveva questo edificio e dell’intento di soccorrere coloro che avevano bisogno. La nicchia presenta caratteri che si possono definire barocchi specialmente nel complicato movimento a ricciolo della cornice.
L’edificio ha due piani e un sottotetto. Non molto grande, ha tre finestre per lato a ogni piano. Quelle del piano terra, più piccole, sono protette da inferriate.
All’interno ci si trova in un grande atrio su cui si aprono quattro porte. Entrando a sinistra si possono ancora vedere le volte originali “a crociera” delle piccole stanze disposte su questo lato. In fondo si nota subito la statua a grandezza naturale di Francesco Ulderico della Torre, realizzata poco dopo la sua morte, avvenuta nel 1695. Egli è inserito in una nicchia poggiante su un basamento di marmo lavorato a intarsio, una specie di altare, su cui si legge la dedica dei gradiscani a questo benefattore.
Della Torre porta l’abito utilizzato solitamente dai nobili del Seicento e in particolare dagli ambasciatori. Egli era infatti anche ambasciatore dell’Impero d’Austria a Venezia. I pizzi del collare, il damasco del mantello e i bottoni della giacca, ma anche i lunghi capelli, sono riprodotti con grande precisione dallo scultore, che ha saputo rendere tutta la grandezza e il valore di questo capitano.
La scala che unisce i tre piani è caratterizzata da archi e volte. Pavimenti e cornici delle porte anche del primo piano sono quelli originali dell’epoca in cui il palazzo fu costruito.